A cavallo dei secoli XIX e XX Il lento processo di industrializzazione del paese rese necessario provvedere all’istruzione per un nuovo tipo di operai, da preparare al lavoro in fabbrica, a una conoscenza approfondita dei nuovi macchinari, a un’organizzazione e disciplina del lavoro rigide, a ritmi lavorativi intensi e ad una certa flessibilità rispetto all’introduzione di innovazioni tecniche. Questi istituti nascevano solitamente per rispondere alle esigenze delle industrie che gradualmente si insediavano sul territorio. È questo il caso della Regia Scuola industriale “Antonio Pacinotti”, fondata nel 1908.
Fino ai primi anni del nuovo secolo a Pistoia il tessuto industriale era caratterizzato da ditte ancora per lo più legate a un modello di produzione di tipo artigianale inquadrabili generalmente nella categoria delle piccole e medie imprese. La situazione era sensibilmente cambiata dal 1864, quando Pistoia divenne un importante snodo ferroviario a seguito della costruzione della linea che la collegava con Bologna attraverso Porretta, ma la vera svolta venne nei primi anni del XX secolo con gli stabilimenti San Giorgio da parte dell’omonima società genovese, in principio indirizzata alla produzione di autovetture e, successivamente, di carrozze ferroviarie. Non è un caso che risalgano al 1908 tanto l’avvio della produzione della San Giorgio, sia l’avvio dell’attività della scuola.
La scuola tecnica si deve alla riorganizzazione della Pia Casa Conversini, dell’Orfanotrofio Puccini (opere pie destinate all’istruzione dei ragazzi poveri) e, soprattutto, all’iniziativa del sottoprefetto Cesare Gallotti, che, sostenuto dai deputati eletti nel circondario, avviò una collaborazione fra lo Stato e la società di industriali “Utile e Diletto”, ente gestore della Scuola popolare di arti e mestieri festiva e serale “Antonio Pacinotti”. Nelle intenzioni dei promotori il “Pacinotti” doveva essere un istituto rivolto ai figli delle classi lavoratrici, oltre che ai beneficiari degli enti caritatevoli (orfani e indigenti) dalla cui unione nacque la scuola.
Alla sua nascita fu dotata di un’officina di falegnameria, di un laboratorio di intaglio, di un’officina fabbri-fucinatori, di due fonderie (una per la ghisa, l’altra per il bronzo) e di un gabinetto di fisica. Vi erano tre possibilità di specializzazione per gli studenti: in meccanica, in elettromeccanica e in falegnameria. L’idea che sottendeva i programmi di insegnamento era quella di fornire un’adeguata preparazione al lavoro manuale, sia artigianale che industriale, ma anche di trasmettere un bagaglio di competenze teoriche ritenuto indispensabile per il lavoro nei moderni stabilimenti, dove diventava necessario conoscere i principi del funzionamento di macchinari sempre più complessi.
L’edificio in cui sono ospitati i locali della scuola è Palazzo Conversini, ex sede della Pia Casa di Lavoro Conversini. Durante il secondo conflitto mondiale l’edificio fu danneggiato dai bombardamenti che colpirono la città
Nel secondo dopoguerra la scuola divenne Istituto Professionale per l’Industria e l’Artigianato. Nel 2016 è stato accorpato alla scuola agraria “Barone Carlo de Franceschi”.