Le prime attestazioni della presenza di un nucleo fascista a Pistoia sono fatte risalire all’autunno del 1920. Si avviava a concludersi il cosiddetto Biennio Rosso, fase seguita alla conclusione della prima Guerra Mondiale e caratterizzata da disordini sociali, spinte rivoluzionarie e dalla rapida crescita dei movimenti politici e sindacali di massa socialisti e cattolici. Grazie al sostegno economico di agrari e industriali e alla connivenza di forze dell’ordine e organi dello Stato, i fascisti riuscirono rapidamente ad annichilire le organizzazioni dei lavoratori, scatenando la loro furia distruttiva prima contro persone, sedi e amministrazioni comunali riconducibili al mondo della sinistra e, in una seconda fase, contro i raggruppamenti cattolici. Colti di sorpresa e attraversati da profonde divisioni e reciproche diffidenze, socialisti, anarchici, comunisti e cattolici non furono in grado di reagire alla strategia terroristica degli squadristi, molto mobili e ben organizzati.
Per arginare il dilagante fenomeno squadrista al principio del 1922 fu lanciata una coalizione eterogenea fra organizzazioni sindacali che prese il nome di “Alleanza del Lavoro” alla quale, tuttavia, non aderirono comunisti e cattolici. L’Alleanza lanciò per il 31 luglio uno sciopero “legalitario”, ovvero finalizzato a ristabilire la normalità delle relazioni fra gruppi sociali e l’ordine sconvolto dalla violenza fascista. Quasi ovunque i fascisti ebbero la meglio e lo sciopero finì nell’arco di pochi giorni. Pistoia non fece eccezione. I fasci locali si erano appositamente organizzati in un comitato segreto e alla fine dello sciopero la città fu attraversata da imponenti forze squadriste che causarono scontri e distruzioni, colpendo singoli oppositori e le organizzazioni antifasciste ancora in piedi. Durante gli incidenti del 4 agosto fu ferito l’operaio Fabio Gori, deceduto in ospedale una settimana più tardi. Nella notte fu assassinato anche il tappezziere socialista Giuseppe Migliorini, ucciso dal fascista diciannovenne Dino Mancini, residente in Porta al Borgo.
La targa, che riporta versi di Dino Campana, è stata apposta nell’aprile del 2011 dal CUDIR (Comitato Unitario per la Difesa delle Istituzioni Repubblicane) sulla facciata della saletta Gramsci. Ricorda alla cittadinanza il sacrificio di sangue che le classi lavoratrici hanno dovuto pagare al fascismo e l’oppressione a cui sono state sottoposte negli anni del regime, che ne ha subordinato gli interessi alla propria politica di grandezza nazionale. Rimane inoltre a testimonianza di quei fatti terribili, a cui seguì il commissariamento del comune di Pistoia (fino a quel momento a guida socialista) e la definitiva, sanguinosa affermazione del fascismo nella città.
Anche la collocazione è significativa e altamente simbolica. L’edificio venne infatti costruito fra il 1927 e il 1929 su progetto del celebre architetto pistoiese Giovanni Michelucci per ospitare la Casa del Balilla. Durante i lavori di edificazione vi perse la vita in un incidente Leopoldo Bozzi, primo federale fascista di Pistoia che aveva puntato con decisione sulla costituzione delle organizzazioni giovanili del partito, per le quali la Casa del Balilla doveva diventare un punto di riferimento. Una dedica a Bozzi è ancora leggibile, sebbene consumata dal tempo, sull’architrave del portone di accesso, sorretto ai lati da due colonne aventi la foggia di fasci littori. Dopo la guerra fu sede della Federazione Provinciale del PCI, fino a quando venne rimossa per effetto della legge Scelba. Successivamente è stato sede dell’azienda di trasporti COPIT. In anni più recenti è andato incontro a un processo di radicale risignificazione in senso chiaramente antifascista, assumendo il nome di “Saletta Gramsci”. Attualmente ospita la succursale di una scuola superiore e una palestra.