Cippo alle vittime dell’eccidio del Vione dell’Uggia

Questa lapide ricorda cinque civili assassinati lungo il Vione dell’Uggia il 23 agosto del 1944 da militari tedeschi impiegati nel corso della strage del Padule di Fucecchio, nella quale persero la vita complessivamente 174 persone.

Data inizio: 23/08/1944
Data fine: 23/08/1944

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Città di Monsummano Terme

Il Vione dell’Uggia conduce all’omonimo porto, uno degli approdi che, fino alle soglie del secolo scorso, facevano del Padule un importante snodo dei commerci fluviali della Toscana Settentrionale. Pur avendo perso questa funzione nel 1944 l’acquitrino era ancora al centro di importanti attività economiche quali lo sfalcio delle erbe palustri – impiegate in varie manifatture -, la caccia e la pesca.

La vicenda della strage si lega indissolubilmente alle caratteristiche morfologiche e ambientali dei luoghi in cui si è consumata. Nell’estate del 1944 la vegetazione palustre non era stata sfalciata a causa della guerra e la palude si presentava come una vasta distesa apparentemente impenetrabile di canne e giunchi. Contadini e pastori vi occultarono bestiame e gretti per difendere gli animali dalle ruberie delle truppe tedesche, ma anche un gran numero di sfollati, renitenti alla leva e mezzadri delle fattorie circonvicine timorosi di rastrellamenti e deportazioni trovarono rifugio nel Padule.

Il 23 agosto i soldati del reparto esplorante della ventiseiesima divisione corazzata della Wehrmacht, guidati da alcuni fascisti locali, circondarono l’area nottetempo penetrando in maniera concentrica verso la palude da più direzioni con l’ordine di sterminare chiunque incappasse nella loro avanzata. A dispetto delle dichiarazioni rilasciate successivamente dai comandanti delle forze germaniche coinvolte – i quali sostenevano che l’obiettivo dell’azione fosse l’eradicamento dell’attività partigiana – le vittime furono quasi tutte civili.

Le campagne e la zona di gronda nel territorio di Cintolese furono fra le aree più colpite. Nei pressi del Vione dell’Uggia alcune capanne fornivano riparo a un gran numero di sfollati e non furono risparmiate dalla furia nazifascista, come non fu risparmiata la colonica di proprietà della famiglia Malucchi. In molti, uditi i primi spari tentarono di mettersi in salvo nei canali e nei fossi, ma i massacratori dettero avvio ad una caccia all’uomo che lasciò pochi sopravvissuti.

Secondo una testimonianza le 5 vittime alle quali nel dopoguerra fu dedicata questa lapide facevano parte di un gruppo di 7 uomini che si era nascosto nella palude. All’arrivo dei tedeschi due di loro sarebbero riusciti, uscendo allo scoperto, a lasciarsi alle spalle i soldati senza alcuna conseguenza; gli altri seguirono il loro esempio ma vennero fermati, portati in località La Cascia lungo il Vione e uccisi. Ugo Cesare Lepori e Dario Zerbini erano renitenti alla leva.