Il 23 agosto del 1944 il Padule di Fucecchio e le campagne prospicenti furono teatro di un efferato eccidio nazifascista nel quale persero la vita 174 persone. Il cippo situato in località Piaggione è stato eretto nel dopoguerra in memoria di 5 vittime che qui trovarono sepoltura provvisoria.
La strage del Padule di Fucecchio si inserisce nella strategia della “ritirata aggressiva” e della guerra ai civili messa in atto dall’esercito tedesco, perseguita con particolare sistematicità negli ultimi mesi del conflitto col fine di terrorizzare la popolazione e di contrastare l’attività partigiana. All’alba del 23 agosto l’area venne circondata da elementi per lo più inquadrati nella 26ª divisione corazzata della Wehrmacht, ai quali era stato impartito l’ordine di dirigersi verso il centro del cratere palustre sterminando chiunque si fosse trovato sulla loro strada, senza nessuna distinzione di sesso ed età. L’azione divenne rapidamente caotica e confusa e si esaurì definitivamente nel primo pomeriggio.
Dopo l’eccidio gli ufficiali del comando tedesco insediato a Ponte Buggianese, espressamente interrogati al riguardo da esponenti dell’amministrazione comunale, negarono l’autorizzazione a seppellire le vittime in cimitero e impedirono l’assoluzione delle salme da parte di un parroco con il pretesto che consideravano tutte le persone uccise alla stregua di banditi. I parenti delle vittime portarono i corpi in siti temporanei di sepoltura; l’inumazione in cimitero fu possibile solamente a seguito dell’arrivo degli Alleati.
Al Piaggione furono provvisoriamente sepolti in casse rudimentali o avvolti in coperte e lenzuola i corpi di Pellegrino Cardelli, Rocco Cardelli, Rino Giuntoni, Roberto Giuntoni e Lia Parenti.
Il pastore cinquantanovenne Roberto Giuntoni e il figlio Rino, di 10 anni, stavano custodendo il loro gregge di pecore in Padule. La mattina erano stati fermati e interrogati da un gruppo di tedeschi, che li aveva poi rilasciati anche a seguito dell’intercessione di un uomo del posto. Ebbero però la sfortuna di imbattersi in un altro gruppo di soldati che non li risparmiarono. Questo episodio testimonia l’arbitrarietà e l’imprevedibilità della violenza nazifascista. Rino e Roberto Giuntoni sono ricordati anche da una targa apposta su una parete del Casottin del Lillo, presso il quale furono uccisi.
La ventottenne Lia Parenti abitava al Piaggione nel casolare della famiglia Moschini, assieme a suo marito Lando Moschini e ai loro tre figli. L’uomo, nascosto con altri in un fosso nelle vicinanze dell’abitazione, riuscì a salvarsi. La Parenti, che già quella mattina aveva ricevuto in casa la visita dei tedeschi, fu colpita e uccisa mentre tagliava fasci d’erba per il bestiame su un argine in un momento di quiete.
Il quarantatreenne Pellegrino Cardelli e suo nipote diciassettenne Rocco, entrambi pontigiani, erano stati catturati in Padule la mattina e i tedeschi li avevano costretti a seguirli e a procurargli cibo e acqua. Secondo alcune testimonianze furono assassinati in via del Piaggione, mentre si dirigevano verso casa dopo essere stati rilasciati. Avevano in mano un documento di libera circolazione emesso dalla pattuglia che li aveva tenuti in ostaggio. Superarono in questo modo un posto di blocco, ma dopo 10 metri furono colpiti alle spalle.
Il cippo è una lastra di marmo che riporta i nomi, le foto e le date di nascita delle vittime. Si trova lungo il Percorso della Memoria, realizzato dal Comune di Ponte Buggianese per collegare i luoghi legati al ricordo della strage.