Il monumento ai Caduti della Resistenza è uno dei luoghi simbolo della Resistenza di Pistoia ed è costituto da un blocco di calcare rosso a simboleggiare la forza e il sacrificio di chi dette la propria vita per la Resistenza.
Il monumento ai Caduti della Resistenza, progettato da Albino Sechi, fu inaugurato nel 1957. È avvolto da una siepe di alloro circolare ed è costituto da tre semplici blocchi di calcare rosso estratto da una cava di Monsummano Terme. L’opera vuole evocare la pietra, le rocce e i sassi citati nell’epigrafe di Pietro Calamandrei. Questa era stata scritta nel 1952 in risposta ad un commento del Feldmaresciallo Kesselring, comandante in capo delle forze naziste in Italia, che al suo processo aveva affermato, provocatoriamente, di meritarsi un monumento per ciò che aveva fatto durante la guerra in Italia. La dura pietra vuole anche simboleggiare la forza, la tenacia e il sacrificio dei partigiani caduti durante la guerra di Liberazione.
Pistoia e la sua provincia hanno visto durante la Resistenza un grande numero di bande partigiane di diversa ispirazione politica. Ad esempio: la brigata Gino Bozzi, afferente al partito comunista, che contò più di 180 membri e che fu attiva nella montagna pistoiese; l’XI Zona, più famosa come brigata Pippo, apartitica e comandata da Manrico Ducceschi, fu tra le bande più attive e importanti dell’Italia centrale e operò tra l’appennino lucchese e pistoiese; le Squadre Franche Libertarie, di ispirazione anarchica-azionista, comandata da Silvano Fedi e attiva nella piana pistoiese e nel Montalbano. A Pistoia si formò un nucleo del Gruppo di Difesa delle Donne che partecipò attivamente alla lotta partigiana.
Il monumento vuole anche ricordare chi tra i partigiani pistoiesi ha perso la vita nella guerra di liberazione. Tra questi ricordiamo: Silvano Fedi, caduto in combattimento a Vinacciano il 29 luglio 1944 insieme a Giuseppe Giulietti; Magnino Magni, aglianese della brigata Bozzi, caduto in combattimento a Treppio dando tempo ai suoi compagni di mettersi in salvo; Gino Bozzi, deceduto il 4 gennaio 1944 in ospedale in conseguenza di ferite riportate in uno scontro con i fascisti; Natale Tamburini, catturato dai tedeschi dopo un’azione partigiana, fucilato il 16 giugno 1944.